Chi sono

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Sono Daniela Spagnolo, Influencer di Gentilezza e Inclusività, Scrittrice di Donne, Blogger, Founder of @kindpowity_bydanielaspagnolo. Nel 2013 pubblico, in self publishing, "Fate Moderne", e nel 2016, sempre nella stessa forma, "La gente perbene e la ragazza del mercato". Nel 2018 esce "Il silenzio del Tempo", edito dalla casa editrice 96-rue-de-la-fontaine. Nel 2021 è la volta di "Dora", un noir dai tratti gotici, pubblicato con la LFA PUBLISHER, che si pone l’ambizioso obiettivo di essere il primo di una serie tutta ambientata nella medesima cittadina. Nel 2022 arriva "Piccolo Diario di una Cicatrice", ancora edizioni LFA PUBLISHER: un libro interattivo per provare a ripartire dalle proprie cicatrici. Vivo a Grugliasco alle porte di Torino (la mia città natale), e sono naturalmente spinta verso l’impegno sul territorio, che nel 2023 trova realizzazione nella costituzione del PRIMO GRUPPO DI LAVORO sulla DISABILITA’ – GRUGLIASCO, che ho fondato insieme ad una cara amica con la quale condivido esperienze di vita. Scopri di più su quello che faccio: linktr.ee/daniela.spagnolo_scrittrice

mercoledì 6 maggio 2020

La pandemia della gente perbene

All’inizio ci hanno detto una cosa terribile: restate in casa.

Eppure chissà quante volte l’avevamo sognato, di potercene stare chiusi in casa, senza far niente. “Eh, ma come, adesso che te lo dicono addirittura i grandi capi, stai a lamentarti?”

E allora ci abbiamo pensato su, e magari ci siamo anche sentiti delle merde, a lamentarci.

Allora, per rinforzare questo sentimento, pallido, di colpa, ci hanno caricato con metafore guerresche: “I nostri nonni a combattere nelle trincee, tu sul divano!”

E vai di flash mob sui balconi. Inni d’Italia che si sprecavano, intervallati dagli applausi ai guerrieri dei nostri giorni, tutto il personale medico italiano e pure quello straniero accorso in aiuto. Tutti eroi, che fino a qualche giorno prima magari abbiamo pure mandato a stendere perché non ci facevano l’esame entro i tempi che volevamo o ci facevano fare due ore di coda all’accettazione.

Ma va bhe, quella era un’alltra storia, anzi, un’altra vita! Adesso, siamo tutti cambiati, siamo tutti migliori.

E però quella sensazione che qualcosa non ci tornasse, che dentro ancora si agitasse una sensazione di libertà negata per colpe altrui, ogni tanto si faceva sentire.

Allora vai di altri flash mob, vai di arcobaleni e canzoncine da imparare. Quando non arrivavano direttamente o indirettamente gli insulti da parte dei più virtuosi, che virtuosamente sprecavano gli “egoista” o i “vergognati”. Vergognarmi per cosa? Per pretendere il rispetto delle libertà di tutti, non solo le mie? Per pretendere chiarezza sulla gestione dell’emergenza e dei soldi che arrivavano dalla UE, sempre per l’emergenza? Per pretendere il rispetto degli anziani rinchiusi in prigioni di morte? Per difendere la libertà di scelta su eventuali vaccini?

Ma poi arrivavano la pizza e i tiramisù, e ci pensavano loro ad anestetizzare gli animi di entrambe le fazioni.

Abbiamo fatto i dolci in casa, come le nostre nonne italiche, e tonnellate di lievito se n’è andato per le pizze. Uh, quante pizze abbiamo fatto. Per forza, abbiamo preso tutto il lievito che c’era al supermercato.

“Ne ho lasciato per gli altri? Eh no, ma io sono arrivata prima!”

Arrivare prima è ormai il leit-motiv di questa quarantena: arrivare prima per mettersi in coda davanti al supermercato, arrivare prima e accaparrarsi più mascherine possibile, arrivare prima e evitare la massa di gente.

E così, dal primo giorno di reclusione abbiamo subìto una mutazione.

Se già prima eravamo esseri fondamentalmente egoisti e vagamente asociali, queste peculiarità sono fiorite nella primavera quarantenica, cosicché la gente è diventata il vero nemico là fuori.

La percezione, e  la perversione, del rischio ci ha portato a individuare il pericolo nell’altro. E ognuno ha il suo altro, che non sarà uguale al mio o al tuo.

Poi però ci sciacquiamo la coscienza mettendo un pacco di pasta al fondo della chiesa: così ci sentiamo ripuliti, adesso che nemmeno ci possiamo più confessare. Chissà quante ore ci dovrà tenere il povero confessore, quando riusciremo a trovarne uno.

E in tutto questo mondo migliore, mi chiedo una cosa: se ci capiterà di vedere qualcuno che cade dalla bici per strada, o se una signora anziana ci chiederà una mano per salire o scendere da un bus o dal gradino del panettiere, che ne faremo del distanziamento sociale?

 


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