Bud Spencer se ne è andato e me ne dispiaccio molto. I suoi mitici film hanno costellato la mia infanzia e li associo sempre alle sonore risate di mio padre.
Non sapevo, però, che quella dell'attore fosse solo una minima parte della sua spettacolare vita.
Sapevo del nuoto, questo sì, ma di tutto il resto...
Ha collezionato una notevole quantità di esperienze che gli hanno permesso di vivere densamente. Esperienze che hanno reso unica la sua esistenza, eclettica, straordinaria, "spericolata" direbbe Vasco: l'Ambasciata, gli elicotteri, le strade del Sud america, la musica, la letteratura... Quando ne ho sentito parlare mi sono immaginata i mitici anni Settanta, che nelle foto sembrano perennemente sotto filtro Instagram, quando tutto era possibile con il desiderio di fondo, quando tutti erano più aperti e una cosa bastava volerla per ottenerla, i Settanta delle esagerazioni e delle conquiste, delle novità, del mondo da scoprire, delle opportunità.
Ora il mondo intero è sotto lo scacco delle regole, ogni cosa è al proprio posto, immobile, polverosa, pesante. Se vuoi fare il gelataio, non puoi improvvisarti, devi avere un titolo, devi essere certificato, devi avere un'etichetta. Siamo la società delle etichette, che poi però non le legge nemmeno, ma almeno ce le ha ed è più tranquilla così, perchè sembra che ci sia più ordine, mentre in realtà sotto la patina oleosa si muove una palude instabile.
Carlo Pedersoli, ossia Bud Spencer, è stato definito da sua figlia "un uomo libero".
Ho pensato che è proprio bello potersi definire liberi: liberi dalle ansie, liberi dai gioghi, liberi dalle tentazioni, liberi dalle paure, liberi dai legami sbagliati, liberi di scegliere, liberi restare, liberi di andare, liberi di parlare, liberi di muoversi, liberi di pensare, liberi di fare, liberi di essere.
Ho pensato che quando non mi piace qualcosa, in quel momento non sono libera, poichè quel qualcosa mi sta stretto, mi impedisce i movimenti, mi imprigiona. E però non è così semplice liberarsi: poichè nella vita ci sono tantissimi vincoli che servono anche a tenerla in piedi, come un'impalcatura.
L'esempio più eclatante: alla stragrande maggioranza delle persone non piace il lavoro che fa, ma gli serve per campare e non può mollarlo. E quindi?
La fantasia è la copertura che ingentilisce l'impalcatura, la rende un po' più gradevole agli occhi, soprattutto ne maschera l'asprezza e la freddezza.
Abbiamo due possibilità: o copriamo l'impalcatura con un velo dorato e tiriamo avanti, a volte sporgendoci un po', ma senza mai abbandonarla, oppure strappiamo il velo, smontiamo tutto e ripartiamo da capo.
Non c'è una sola strada giusta.