Questo è il monto delle etichette. Si
vuole catalogare tutto, i cataloghi ci sommergono e i cataloghi stessi hanno
fatto l'upgrade, per raggiungere anche chi non legge, e sono diventati
virtuali.
Questo è anche il mondo dei cassetti, ben chiusi ed esteriormente
in ordine, dai quali non deve fuoriuscire niente, perché se no stona con il
resto dell'ambiente.
Questo è il mondo del disagio, ovunque e comunque. C'è talmente
tanto disagio che qualcuno è pure arrivato ad esaltarlo, creando l'ashtag
apposito #mainagioia. Che
ci sarà poi di così divertente per postare con questa etichetta.
Ecco, di nuovo loro, le etichette. I tag.
Varie sfumature sotto i maxi raggruppamenti.
Pomodori Prima Scelta, Pomodori Seconda
Scelta. E poi: sotto la Prima Scelta, pomodori oblunghi, pomodori pachino,
pomodori da insalata. La Seconda Scelta si spiega da sé, non ha sotto-categorie
perché tanto con un cappello così cosa importa di definirli ulteriormente?
Infine, l’abisso: Pomodori Marci.
Ma non siamo tutti Pomodori? Sì, ma bisogna definire bene se sei
di Prima Scelta o no.
Il pomodoro dell’avvocato mica può essere
di Seconda Scelta o, peggio, Marcio.
Vabbè, le ragazzate le fanno tutti!
E poi, sotto la Prima Scelta c'è tutta una
varietà di realtà che mica possono essere messe tutte sullo stesso piano. No,
certo che no! L’avvocato sarà anche avvocato, ma mica ha un titolo di
antica derivazione nobiliare!
Ma non era il mondo della globalizzazione?
Sì, ma che vuol dire? La Seconda Scelta c'è sempre, quando non c'è
quella Marcia, addirittura.
Anche quella Marcia c'è sempre.
E tu a struggerti, per non rientrare in nessune di queste due
categorie.
Le categorie. Chi ne ha parlato per la prima volta?
Per Aristotele le categorie sono, citando Wikipedia, “I
gruppi o i generi sommi che raccolgono tutte le proprietà che si possono predicare
dell'essere.
Sono i predicamenti dell'essere, che si riferiscono a qualità
primarie (le essenze immutabili degli oggetti), o
secondarie (gli accidenti che possono cambiare). Le
categorie sono in tutto dieci: la sostanza, la qualità, la quantità, la relazione, il dove, il quando, il giacere,
l'avere, l'agire, il subire. Ogni elemento della realtà può essere fatto
rientrare in una di queste categorie".
Semplice. Conciso. Disarmante. Non troppo invalidante, perché non
applicabile alla persona.
È con Kant che abbiamo l’evoluzione, anzi
secondo me la degenerazione: sempre citando Wikipedia “Le categorie kantiane appartengono
all'intelletto; diventano cioè
delle funzioni a priori, dei modi di funzionare del nostro pensiero che
inquadrano la realtà secondo i propri schemi
precostituiti. Non si applicano alla realtà in sé,
ma solo al fenomeno”.
Secondo me, Kant faceva parte di qualche
gruppo parrocchiale, particolarmente dedito al taglio e cucito.
Aristotele non se lo fila più nessuno:
troppo antico, demodè, vintage! Aristotele è solo uno dei padri del pensiero
filosofico occidentale, ma questo in effetti non vuol dire che debba dettar
legge.
Kant è il precursore dell’atteggiamento
borghese. Ma, in fondo, la critica è un atteggiamento che si adatta ad ogni
rango sociale e ad ogni livello culturale. È un pezzo del dna, che si attiva
sotto determinate sollecitazioni.
Lasciando perdere Aristotele e Kant,
perché tanto non li conosciamo mica, ci preoccupiamo di chiudere bene i
cassetti, di non far uscire niente, perché i panni sporchi si lavano in casa,
quando funziona la lavatrice.
E allora, imbellettiamoci tutti, mettiamoci
in ordine, omologhiamoci agli status riconosciuti.
Ma prima, già alla nascita, bisogna
superare il test dei test: prima o seconda scelta? Quando proprio non sei
marcia.