Chi sono

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Sono Daniela Spagnolo, Influencer di Gentilezza e Inclusività, Scrittrice di Donne, Blogger, Founder of @kindpowity_bydanielaspagnolo. Nel 2013 pubblico, in self publishing, "Fate Moderne", e nel 2016, sempre nella stessa forma, "La gente perbene e la ragazza del mercato". Nel 2018 esce "Il silenzio del Tempo", edito dalla casa editrice 96-rue-de-la-fontaine. Nel 2021 è la volta di "Dora", un noir dai tratti gotici, pubblicato con la LFA PUBLISHER, che si pone l’ambizioso obiettivo di essere il primo di una serie tutta ambientata nella medesima cittadina. Nel 2022 arriva "Piccolo Diario di una Cicatrice", ancora edizioni LFA PUBLISHER: un libro interattivo per provare a ripartire dalle proprie cicatrici. Vivo a Grugliasco alle porte di Torino (la mia città natale), e sono naturalmente spinta verso l’impegno sul territorio, che nel 2023 trova realizzazione nella costituzione del PRIMO GRUPPO DI LAVORO sulla DISABILITA’ – GRUGLIASCO, che ho fondato insieme ad una cara amica con la quale condivido esperienze di vita. Scopri di più su quello che faccio: linktr.ee/daniela.spagnolo_scrittrice

martedì 31 dicembre 2019

ANNO VECCHIO, ANNO NUOVO


Volevo scrivere qualcosa su questo anno che finisce e il nuovo che sta per iniziare.
Volevo essere epica, romantica, letteraria, insomma un misto tra Eco e D’Annunzio, per dire quanto l’anno che sta finendo mi abbia lasciato in ricordo e quanto quello che per arrivare mi gonfi di nuovi propositi.
Però…niente. Non mi veniva in mente niente.
Quello che pensavo era sempre la stessa cosa: ma che cosa ho combinato in questo 2019 appena passato?
Ho fatto la mamma: ho pensato ai miei bimbi, li ho accuditi, sgridati, coccolati, accarezzati; ho guardato con loro i cartoni che gli piacciono di più, che poi sono anche quelli che a me fanno venire la noia cosmica, ma va bene lo stesso; li ho ascoltati nei loro racconti tanto infiniti quanto rari delle proprie vicissitudini a scuola, coi compagni; ho ascoltato i resoconti, non sempre rosei, delle maestre; li ho accompagnati dal pediatra, dal dentista, dal fisioterapista, a nuoto, a calcio, a chitarra, a batteria, a basket, a catechismo; gli ho dato per 365 volte la buonanotte col bacino.
Ho fatto la moglie: ho ascoltato mio marito anche se non sempre lui ascolta me, gli ho preparato i suoi piatti preferiti, ho consolato le sue tristezze lavorative, l’ho consigliato, a volte l’ho anche sfanculato, in alcuni casi con ragione e altri con un po’ di meno; in ognuno di questi casi, gli ho voluto bene, anche quando pensavo di no.
Ho fatto la figlia: sono stata attenta a non far sentire soli i miei genitori, che hanno solo me; li ho aiutati con i medici, ho raddrizzato le loro uscite fuori strada, ho riappacificato le loro liti, gli ho fatto godere i nipoti. Gli ho detto che gli voglio bene.
Fin’ora pare che io sia stata brava, sembra l’anno di una Santa.
Ma in realtà sono stata anche cattiva, con chi ho ritenuto sia stato perfido con me. E’ stata la prima volta…credo. Ma è stata liberatoria.
Non sono riuscita a ritagliarmi tutto il tempo che desideravo dedicare alle mie amiche, quelle che di me si ricordano sempre.
Ho dimenticato, troppo spesso, di rallentare, pagandone le conseguenze.
Ho dimenticato, a volte, di ridere.
Mi sono concentrata troppo sui doveri.
Ho usato troppa plastica: scusa, Greta.
Non ho fatto sempre la differenziata, anzi, quasi mai.
Ho dimenticato, troppo spesso, Dio, senza accorgermene.

Ma soprattutto, continuo ad avere sempre lo stesso dubbio: il plurale di CAPODANNO è, CAPODANNI o CAPIDANNO?

Buon anno nuovo, qualunque esso sia.







giovedì 19 settembre 2019

GLI ESAMI NON FINISCONO MAI

Gli esami non finiscono mai, scriveva Pirandello un secolo fa. Ma mai come ora questa affermazione è calzante, per questi tempi moderni che Chaplin si sognerebbe sotto forma di un incubo.
Tu nasci, cresci, poi vai a scuola. La scuola elementare che ho conosciuto io faceva fare gli esami in quinta. Poi passavi alle medie con esame finale in terza. Poi arrivavano le superiori, e anche lì esame in quinta. Se poi eri particolarmente dotato o semplicemente volenteroso (io sono la seconda) allora iniziavi il lungo e faticoso cammino dell'Università, che di esami ne aveva tanti quanti i pezzi di cioccolato della stracciatella (gusto che adoravo fino a prima che facessi questo paragone).
Ho fatto anche l'università, di esami ne avrò dati più di trenta, non tutti passati subito, ma va be'.
Io poi ho finito, non mi sono più cimentata in altri percorsi di studio, ho iniziato a lavorare seriamente (sono stata fortunata) e ho avuto dei figli.
"Bon, è fatta!" mi sono detta ad un certo punto "D'ora in avanti la mia vita è tutta discesa! famiglia, lavoro: che vuoi che sia?" mi sono anche detta.
CHE-VUOI-CHE-SIA???
Ecco, vorrei dire agli studenti universitari: godetevi tutte le pagine, fin'anche le righe che vi danno da studiare, perchè finchè le avete siete salvi.
Da cosa? Dalle RESPONSABILITA'.
Sì, perchè poi, una volta che hai finito si essere studente entri nell'età adultà e come bonus d'ingresso ti viene dato un carnet infinito di responsabilità, che si auto-generano di continuo.
Come funziona questo carnet? Intanto è fatto di tanti coupon che coprono ogni ambito della tua vita. Quelli della sfera privata sono di colore rosa, gli altri invece sono blu.
Dunque, finchè non hai figli, i soli coupon che vorresti utilizzare sono quelli blu della carriera: sono quelli che ti fanno crescere e se te li giochi bene arrivi a tagliare qualche traguardo.
Poi arrivano LORO, i figli, e allora puoi dire addio ai sogni di gloria almeno per i primi tempi. Sulla durata di questi "primi tempi", bisognerebbe fare uno studio approfondito. So di gente che i primi tempi li vive da ternt'anni anni e altri che non li hanno mai più abbandonati, talmente si sono abituati.
I figli nascono con un carnet zeppo di coupon rosa che si sommano a quelli che hai già. 
Sono compresi nel prezzo, li ritiri al reparto nido quando esci dall'ospedale per andare a casa, dopo il parto.
Sono perlopiù da spendere a scuola, a proposito dei "primi tempi".
La scuola, quella dell'obbligo, dura otto anni tutti, undici se ti spari anche la materna. Normalmente te la fanno fare perchè sei ancora incosciente a tre anni e te la vendono come scuola dell'obbligo, ma tu tra le conoscenze non hai avvocati, hai solo i nonni, che si sono macchiati del medesimo reato di truffa già tanti anni prima, e non ammetteranno mai che la scuola materna è facoltativa quindi ti tocca andarci.
Da quel momento, la mamma che varca la soglia della scuola deve esser pronta ad ogni genere di domande, pure a trabocchetto, che quelle degli esami universitari erano bazzecole.
Le maestre se le preparano il giorno prima, hanno avuto il tempo per farlo. Ma tu, che ti sei alzata all'alba per poter avere cinque minuti di silenzio intorno per berti un santo caffè, hai ancora la mente intorpidita (perchè il silenzio del caffè è stato interrotto al secondo sorso).
Le maestre vogliono sapere tutto, e lo vogliono sapere alle otto di mattina: il bambino a casa che dice della scuola, gioca, qual è il suo gioco preferito, mangia, cosa mangia, usa le posate, guarda la TV, quante ore al giorno.
Ricordo che una volta avevo dovuto compilare un foglio per il nido che di domande di questo tipo ne aveva venti, e per ognuna avevi tre righe per rispondere. Io, che pure adoro scrivere, in quel momento avrei voluto strappare quel foglio e poi soffiare in faccia alle maestre tutti i pezzettini, perchè già alla seconda domanda non ne potevo più. La cosa più angosciante è che le risposte non potranno mai essere giuste o sbagliate, ma per la carica di angoscia intrinseca di questi interrogatori mascherati, qualunque cosa tu risponda ti risulterà sbagliata. 
Quei maledetti esami che non finiscono mai: eccoli che tornano.
Perchè per le maestre noi genitori non sappiamo fare niente. Ma al momento opportuno riescono a rovesciarci addosso la responsabilità di fargli imparare a casa quello che non imparano a scuola.
"Signora, lei lo deve seguire Pasqualino con i compiti"
"Ma...veramente io vorrei che imparasse da solo..."
"Ah no! non va bene!"
Mamma bocciata. Io ricordo che mia mamma non mi ha mai interrogato e mai nessuno l'ha colpevolizzata per questo. Si chiamano "Scelte".
Il pezzo forte è quello sul cellulare: "Signora, Lei non deve più dare il cellulare a Pasqualino! non va bene!". La mamma, piena di dubbi, allora si chiede: se Pasqualino  non usa il cellulare perchè neanche ce l'ha, chi è quest'altro Pasqualino che invece le ruba il telefonino e si fa pure tutti i cazzi suoi? Ma non c'è diritto di replica.
Nel cortile della scuola, al contempo, c'è tutto un parterre di illuminati che muore dalla voglia di impartire il proprio sapere, che neanche i testimoni di Geova al mercato del sabato. Normalmente i discorsi nel cortile vertono su due argomenti: le assenze delle maestre e il cibo.
Sul primo punto bisogna dire che sono tutti esperti in Gestione delle Risorse Umane, oltre che di programmi ministeriali. Ma allora, io mi chiedo, perchè non li assumete tutti al Miur?!
Sul secondo invece, si possono intavolare discussioni anche accese sulla coca cola e sugli OGM. Se poi tu sei un mamma "Baracchina" allora ti danno fuoco direttamente là nel cortile, come monito alle future generazioni di madri, che, povere illuse, vogliono tentare la via dell'autorefezione come forma di libertà e amore.
No, non esiste o tutti uguali o tutti uguali. 
Con questo genere di illuminati hai due possibilità: gli fai capire che certi toni non funzionano; stai zitta e pensi a quella volta in cui sei andata a ballare e ti sei ubriacata.
Esci da scuola e corri al catechismo. E là altro pippone direttamente dal prete: 
"Perchè voi genitori non potete demandare tutto alle catechiste, non ce la possono fare, il cammino è impegnativo". Evidentemente alla fine gli daranno la laurea in teologia.
"Voi invece state solo sul cellulare e non vedete l'ora di mollarci i figli per andare un'ora a fare la spesa ", interviene la catechista. 
E anche qui, mamma bocciata, anzi no scomunicata.
Bene, sono solo le sei, la cena  ancora lontana, e la povera mamma incapace e miscredente, ha la brillante idea di scrivere due cazzate su Facebook. Come si dice: mal comune, mezzo gaudio. 
Ma sì, scriviamo a tutti quanto è stata tragica la mia giornata pensa la poveretta (che a quel punto un po' sciocchina lo è, ma è pure ingenua). Entro l'ora di cena, la poveretta si sarà vista arrivare gli insulti delle casalinghe incazzate che le dicono che non è giusto che solo le mamme che lavorano si debbano lamentare, anche loro che stanno a casa si fanno un mazzo tanto; poi quelli delle mamme lavoratrici, che vedendo che ha scritto alle sei e mezza la ritengono una paracula perchè a quell'ora è "già" a casa a fare un cazzo; dei perbenisti benpensanti, che iniziano a fornire lezioni di vita su come si gestiscano i figli, i quali sono in giro da qualche parte a farsi una canna per dimenticare di come i padri li vogliano gestire; i troll che commentano con qualche definizione improbabile pescata su un dizionario; la nonna che mette un cuore e qualche amica che mette "mi piace".
La giornata finisce con la mente tutta concentrata sulle parole sentite durante il giorno e il cuore gonfio per le critiche gratuite che ti sono piovute addosso senza che tu le cercassi. 
Vai a dormire e ti sorge una domanda: "Ma davvero noi genitori del nuovo millennio non siamo in grado di fare niente? Ma quelli che ce lo stanno dicendo, invece, dove hanno imparato?"
Dopo qualche secondo di riflessione, sospiri un Vaffanculo e chiudi gli occhi.
Domani sarà un altro giorno, pieno di esami e di coupon rosa da staccare.








lunedì 9 settembre 2019

MAMMA SENZA TITOLO

L'altro giorno telefono a scuola dei miei figli e chiedo se mi passano il Preside, poichè ero in vena di rompere le scatole e volevo farlo con la massima autorità esistente nella zona.
Conoscendo i miei polli, e sapendo che in Italia, da che essa stessa esiste, i titoli sono più importanti di chi li porta, mi sono presentata come la "Dottoressa" Spagnolo. 
Da sempre, si sa, un "Dottore" davanti al nome aiuta: incute reverenza, timore, finanche panico.
Quanti risultati ho ottenuto premettendo un "Dottoressa" davanti al mio cognome, che altrimenti sarebbe stato solo un cognome nel mare dei cognomi. 
Intendiamoci, non si tratta di millantato credito: io Dottoressa lo sono davvero, eh! In una normalissima Scienze Politiche, però lo sono!
Il povero cristo che è capitato sulla strada della mia telefonata e che intercetta la bomba del titolo, rimane lì per lì spiazzato e si affretta a passare la linea al suo capo: che si sbrighi lui la questione di questa "Dottoressa" rompicoglioni. Ma  niente: il Preside è occupato. 
E qui si compie il miracolo del Titolo: il povero Cristo dall'altra parte del filo prende nota affinché il Preside, la somma autorità in quel feudo, mi richiami. 
Purtroppo il miracolo dura poco: il tizio, per eccesso di zelo, vuol farsi i fatti miei e scrive per filo e per segno per chi e per come. Ci può stare: è il suo lavoro. Solo che poi falla, cade come su una buccia di banana.
Alla richiesta di ripetere il mio nome, e alla mia ripetizione del titolo come rafforzativo, il povero diavolo mi chiarisce subito la situazione, giusto perchè non mi monti la testa:
"Sì, ma ora lei chiama come mamma, giusto?"
E fu così che ho scoperto che il mio titolo vale solo dalle 8 alle 17, ossia quando sono in ufficio, il resto del giorno e della notte sono "solo" una mamma, con il bene placido di mio padre che mi ha pagato gli studi e del tempo che ci ho perso dietro.
Mi rimane però una domanda: se a telefonare fosse stato un papà, magari Avvocato o Medico, anche lui avrebbe chiamato solo come papà? Mah...

giovedì 25 luglio 2019

LA MAGLIETTA

Ho sbagliato a lavare una maglietta. Non era mia, era di mio figlio più grande, dieci anni. Era la maglietta bianca che aveva usato al campo parrocchiale, nulla di che. Invece no, perchè era piena delle firma dei suoi amici e dei suoi animatori. L'avevano firmata tutti, con i pennarelli colorati. 
Mio figlio si era tanto raccomandato di non metterla a lavare, proprio per evitare che si cancellassero tutte quelle belle firme. Il guaio è che io l'ho messa a lavare lo stesso, perchè pensavo che non sarebbe successo nulla, e invece...ho combinato un guaio, perchè ho voluto fare di testa mia. Sono stata superficiale, e mi chiedo se avrei fatto lo stesso nel caso in cui la maglietta fosse stata mia. Probabilmente no, e ammetto di aver dato poco peso alle raccomandazioni del mio bambino. L'ho sottovalutato. 
Mio figlio si è arrabbiato moltissimo! Giustamente. Io ho scelto di rispettare questa sua rabbia, assecondandola, perchè io ho in effetti sbagliato, anche se in buona fede.
Gli ho scritto una lettera, spiegandogli le mie ragioni. Rileggendola, mi sono resa conto che le mie ragioni erano stupide: era davvero così importante lavare quella maglia? E' davvero così importante mettere al primo posto il dovere della pulizia? Esistono in fondo casi in cui potremmo chiudere un occhio (con buona pace degli igienisti e dei pediatri), perchè in fondo un po' di sporco non uccide nessuno? Che poi, mica era nera e nemmeno sporca! E' qui che sta il mio vero errore: eccesso di zelo ingiustificato!
In meno di dodici ore abbiamo fatto pace, perchè i bambini non riescono a portare rancore, ma a me rimane il dubbio che per mio figlio questo possa essere già diventato l'Episodio Zero, quello iniziale con cui mi sono guadagnata il titolo di "mamma stronza".

mercoledì 12 giugno 2019

IL VILLAGGIO VACANZA


Questa settimana ho la fortuna di potermi godere un po’ di riposo in un villaggio turistico nella splendida terra di Calabria.
Non volendo suscitare l’invidia di nessuno, materializzantesi in involontarie jatture che potrebbero manifestarsi con mal di pancia improvvisi, non vi starò a descrivere né il mare, né il posto: vi basti sapere che sono un angolo di paradiso.
Detto questo, vorrei spendere due parole di riflessione sulla fauna tipica del villaggio vacanza.
Dunque, la fauna del villaggio vacanza esiste veramente e non si tratta di una creatura leggendaria: lo so perchè già in altre occasioni ne ho potuto sperimentare un incontro ravvicinato e anche in quei casi, le peculiarità erano le stesse.
Cominciamo con le caratteristiche fisiche.
L’animale da villaggio si presenta con un mantello multicolor, che ha la funzione di confondere gli altri coabitanti e, nella migliore delle ipotesi, ammaliarli con i suoi colori brillanti. In alcuni casi, tale manto viene addirittura utilizzato per “acchiappare” la preda prescelta.
Nel caso delle femmine di questa specie, il mantello, è soggetto a muta rapida: vale a dire che abbiamo un manto per il mattino, uno per il pomeriggio e infine uno per la sera.
La prima tipologia si caratterizza per la semplicità delle linee e dei colori: parola d’ordine sobrietà, per non dire banalità, poiché esso andrà a ricoprire la femmina durante la colazione a buffet e la sosta in spiaggia. Dovrà pertanto essere resistente alle macchie di caffè espresso e di uovo al tegamino, ma anche alla crema solare mescolata con la sabbia in un mix simile al calcestruzzo ma un po’ più liquido.
Dopo il pranzo e la dovuta pennica di rianimazione, ecco che l’animale da villaggio si trova di fronte ad una nuova sfida: il pomeriggio in Villaggio. Il pomeriggio, sappiamo, è la parte più impegnativa della giornata poiché è molto lunga, calda e densa di rotture di palle: dai figli che vogliono contemporaneamente 50 gelati e fare il bagno in piscina, all’amico che ti vuole tirare dentro ad un torneo di scala quaranta.
L’animale da villaggio femmina deve affrontare una sfida in più: il cambio tattico di mantello, senza risultare ancora troppo volgare, che a quello ci penserà nell’ultima parte di giornata.
L’outfit del pomeriggio sarà pertanto un vedo-non-vedo intrigante per il maschio presente in villaggio, che -lo sottolineiamo- ancora indossa lo stesso outfit del mattino precedente. Le linee saranno più strette attorno ai rotolini dei fianchi e a quelli delle chiappe, estremamente in mostra grazie a costumi pure loro vedo-non-vedo, ma che in realtà lasciano vedere anche troppo.
Sempre nel pomeriggio, inoltre, la femmina inizia la famosa “danza dell’attizzamento”, rivolta indistintamente al proprio maschio e a quelli delle altre: tanto lo fanno tutte perciò non sono gelose. Ma vendicative sì: i balli caraibici organizzati dagli animatori generalmente nella piazzetta centrale di questi posti di perdizione offrono alle femmine occasioni ghiotte di sputtanamento, senza che loro lo sappiano neanche.
Tra uno sculettio e un altro, la femmina si traghetta sino a sera, la punta di diamante della vacanza in villaggio.
La sera, o soireé, è il momento in cui la vera natura delle femmine di ogni specie viene fuori, spudorata e disinibita, senza sovrastrutture e ragionamenti da intellettuali sfigati.
La femmina del villaggio di spoglia così dei freni inibitori della vita cittadina, si denuda delle credenze borghesi, si manifesta nella sua vera natura: insomma, si mette in mostra neanche ci fosse un mercato di carne fresca (che poi proprio fresca in genere non è) e, generalmente, se ne fotte apertamente del suo povero maschio. E così: profumo a volontà, paillette sberluccicanti che svolazzano, pizzi, merletti, tacchi, spacchi, brillantini, unghie smaltate, mascara, rossetti, orecchini grossi come bicchieri, anelli grandi più del dito, bracciali che sembrano fermatende, collane da far venire la cervicale e chi più ne ha più ne metta.
Conciate amabilmente in questa maniera, le femmine si avvicinano, ondeggianti e ammalianti, al buffet serale, dove si consuma un sacrificio orgiastico del buoncostume.
Si comincia con il confondere i camerieri, giovani prede generalmente consenzienti, che si trovano a dover sorridere anche alle dentiere incorniciate dal rossetto. Essi cadono per primi, per la gloria del Villaggio e per un pezzo di pane.
Una volta aperte le porte del salone ristorante, però, non c’è più pietà per nessuno: le tavolate imbandite vengono assaltate. È un combattimento all’ultimo piatto, con unghie lunghe rosso corallo che si dividono la stessa bruschetta (fatalità), seni in bella mostra all’addetto degli arrosti per avere il pezzo migliore, tacchi piantati per passare avanti alla fila dei fritti al momento.
Ci sono esemplari di questo animale che frequentano corsi da cameriere da sala prima di andare in vacanza, per esser capaci di trasportare dieci piatti colmi tutti insieme. È un tripudio acrobatico.
Una volta raggiunto il proprio obiettivo, la femmina dell’animale da villaggio, che si conferma predatrice, esce dalla calca ai tavoli imbanditi, per avvicinarsi, vittoriosa e fiera, al proprio tavolo, dove in genere ha lasciato la prole affamata e piangente e il compagno paralizzato dalla confusione. Nel farlo, non dimentica di ondeggiare i fianchi, per suscitare  nei maschi, tutti tranne il proprio ,ammirazione per il suo didietro, e nelle altre femmine, magari meno dotate fisicamente o ancora troppo legati ai propri principi morali (leggi: sfigate) invidia e rosicamenti.
Terminata la cena, tutti gli esemplari si recano, in branco piuttosto ordinato, in ampli spazi aperti, dove gli ammaestratori li addestrano con musiche assordanti e luci psichedeliche. Sono questi i momenti in cui eventuali – ma rari per via delle peculiarità del maschio che tra poco vedremo - adescamenti trovano conferma: nel buio della notte e nella confusione delle musiche e delle luci, mani e bocche scivolano malamente in involontari (per carità) errori di coppia.
Finito l’ammaestramento, finisce anche la confusione dell’accoppiamento promiscuo, e le femmine rientrano alle proprie tane chi soddisfatta chi un po’ meno, ma mai nessuna a bocca asciutta (che tanto almeno il marito c’è).
In tutto questo manicomio, meno male che ci sono loro: gli esemplari maschili, esempio di stoicità e stabilità con la loro semplice gaiezza manifestata in espressioni da ebeti felici.
Essi si pongono normalmente in luoghi tattici del Villaggio, facilmente riassumibili: la piscina, il bar, il ristorante.
La spiaggia la toccano durante le ore più calde, quando le proprie femmine riposano e in giro ci sono solo gli esemplari più giovani e tonici.
Il maschio, esemplare esotico per eccellenza, non ha molte esigenze, mai. Tanto per cominciare, il loro manto è sempre lo stesso. Se potessero lo terrebbero da inizio vacanza sino al termine, se non fosse per la propria femmina che li spinge malamente al ricambio, quantomeno per decenza.
Il maschio si presta, come abbiamo visto, ai giochi di coppia delle altre femmine, sempre con occhio vigile per non farsi scoprire dalla propria, purchè essi non richiedano troppo coinvolgimento mentale né troppo tempo: il tempo è prezioso per lui e lo dedica principalmente al riposo. Ecco dunque, che nei momenti di veglia al maschio viene richiesto di dedicarsi a due attività per lui molto faticose: il reperimento del cibo, durante il quale dovrà confrontarsi con femmine che abbiamo visto agguerritissime, e il corteggiamento da provolone delle giovani animatrici, le quali, però, a differenza dei camerieri consenzienti, non sono consenzienti per niente e gli daranno molto filo da torcere. Infatti, in genere, quest’ultima sfida per il maschio si conclude sempre in perdita. Per fortuna rimane la certezza della propria femmina, che volente o nolente, sempre da lui deve tornare.
Buone vacanze.








lunedì 4 febbraio 2019

RICORDI

Tra un po' sono due anni che non scrivo qui sopra, e sinceramente me ne dispiaccio molto perchè questo blog è un po' come il vecchio diario segreto, la vecchia SMEMO, per intenderci. Io, in effetti, la SMEMO non l'ho mai avuta perchè, se non ricordo male, costava sulle 20000£ e mia madre col cavolo che mi dava tutti quei soldi per un diario. Niente da fare, andavo al Carrefour, che all'epoca si chiamava "Continente" (il Carrefour non esisteva neanche!) e aspettavo le offerte sul materiale scolastico. Lì allora riuscivo sempre a beccare qualche diario Seven a buon prezzo, e amen.
Comunque faceva lo stesso il suo lavoro, anche se sul mio non c'erano tutti quegli inserti che c'erano sulla Smemo. Questo fatto mi dispiaceva, ma io ce la mettevo tutta e ci appiccicavo qualunque cosa servisse a ricordare quel giorno: biglietti dell'autobus, se andavo a trovare qualche amica, poesie, involucri di cioccolatini, estratti del "Cioè" (quello a volte lo compravo)...e poi dediche delle amiche, tantissime. 
Tempi stupendi, quelli. A letto ricordavi tutto quello che avevi detto e che ti era stato detto, in bene e in male. Quello era il tuo mondo, fatto di parole, infinito, e tu ti affacciavi con la fame di ascoltarne e dirne altre. Fanculo tutto il resto. Meraviglioso è dir poco.



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