Questa settimana ho la fortuna di potermi godere un po’ di riposo in
un villaggio turistico nella splendida terra di Calabria.
Non volendo suscitare l’invidia di nessuno, materializzantesi in involontarie
jatture che potrebbero manifestarsi con mal di pancia improvvisi, non vi starò
a descrivere né il mare, né il posto: vi basti sapere che sono un angolo di
paradiso.
Detto questo, vorrei spendere due parole di riflessione sulla fauna tipica
del villaggio vacanza.
Dunque, la fauna del villaggio vacanza esiste veramente e non si
tratta di una creatura leggendaria: lo so perchè già in altre occasioni ne ho
potuto sperimentare un incontro ravvicinato e anche in quei casi, le
peculiarità erano le stesse.
Cominciamo con le caratteristiche fisiche.
L’animale da villaggio si presenta con un mantello multicolor, che ha la
funzione di confondere gli altri coabitanti e, nella migliore delle ipotesi, ammaliarli
con i suoi colori brillanti. In alcuni casi, tale manto viene addirittura
utilizzato per “acchiappare” la preda prescelta.
Nel caso delle femmine di questa specie, il mantello, è soggetto a
muta rapida: vale a dire che abbiamo un manto per il mattino, uno per il
pomeriggio e infine uno per la sera.
La prima tipologia si caratterizza per la semplicità delle linee e dei
colori: parola d’ordine sobrietà, per non dire banalità, poiché esso andrà a
ricoprire la femmina durante la colazione a buffet e la sosta in spiaggia. Dovrà
pertanto essere resistente alle macchie di caffè espresso e di uovo al
tegamino, ma anche alla crema solare mescolata con la sabbia in un mix simile
al calcestruzzo ma un po’ più liquido.
Dopo il pranzo e la dovuta pennica di rianimazione, ecco che l’animale
da villaggio si trova di fronte ad una nuova sfida: il pomeriggio in Villaggio.
Il pomeriggio, sappiamo, è la parte più impegnativa della giornata poiché è
molto lunga, calda e densa di rotture di palle: dai figli che vogliono contemporaneamente
50 gelati e fare il bagno in piscina, all’amico che ti vuole tirare dentro ad
un torneo di scala quaranta.
L’animale da villaggio femmina deve affrontare una sfida in più: il
cambio tattico di mantello, senza risultare ancora troppo volgare, che a quello
ci penserà nell’ultima parte di giornata.
L’outfit del pomeriggio sarà pertanto un vedo-non-vedo intrigante per
il maschio presente in villaggio, che -lo sottolineiamo- ancora indossa lo
stesso outfit del mattino precedente. Le linee saranno più strette attorno ai
rotolini dei fianchi e a quelli delle chiappe, estremamente in mostra grazie a
costumi pure loro vedo-non-vedo, ma che in realtà lasciano vedere anche troppo.
Sempre nel pomeriggio, inoltre, la femmina inizia la famosa “danza
dell’attizzamento”, rivolta indistintamente al proprio maschio e a quelli delle
altre: tanto lo fanno tutte perciò non sono gelose. Ma vendicative sì: i balli
caraibici organizzati dagli animatori generalmente nella piazzetta centrale di
questi posti di perdizione offrono alle femmine occasioni ghiotte di
sputtanamento, senza che loro lo sappiano neanche.
Tra uno sculettio e un altro, la femmina si traghetta sino a sera, la punta
di diamante della vacanza in villaggio.
La sera, o soireé, è il momento in cui la vera natura delle femmine di
ogni specie viene fuori, spudorata e disinibita, senza sovrastrutture e ragionamenti
da intellettuali sfigati.
La femmina del villaggio di spoglia così dei freni inibitori della
vita cittadina, si denuda delle credenze borghesi, si manifesta nella sua vera
natura: insomma, si mette in mostra neanche ci fosse un mercato di carne fresca
(che poi proprio fresca in genere non è) e, generalmente, se ne fotte
apertamente del suo povero maschio. E così: profumo a volontà, paillette
sberluccicanti che svolazzano, pizzi, merletti, tacchi, spacchi, brillantini,
unghie smaltate, mascara, rossetti, orecchini grossi come bicchieri, anelli grandi
più del dito, bracciali che sembrano fermatende, collane da far venire la
cervicale e chi più ne ha più ne metta.
Conciate amabilmente in questa maniera, le femmine si avvicinano, ondeggianti
e ammalianti, al buffet serale, dove si consuma un sacrificio orgiastico del
buoncostume.
Si comincia con il confondere i camerieri, giovani prede generalmente
consenzienti, che si trovano a dover sorridere anche alle dentiere incorniciate
dal rossetto. Essi cadono per primi, per la gloria del Villaggio e per un pezzo
di pane.
Una volta aperte le porte del salone ristorante, però, non c’è più
pietà per nessuno: le tavolate imbandite vengono assaltate. È un combattimento
all’ultimo piatto, con unghie lunghe rosso corallo che si dividono la stessa
bruschetta (fatalità), seni in bella mostra all’addetto degli arrosti per avere
il pezzo migliore, tacchi piantati per passare avanti alla fila dei fritti al
momento.
Ci sono esemplari di questo animale che frequentano corsi da cameriere
da sala prima di andare in vacanza, per esser capaci di trasportare dieci
piatti colmi tutti insieme. È un tripudio acrobatico.
Una volta raggiunto il proprio obiettivo, la femmina dell’animale da
villaggio, che si conferma predatrice, esce dalla calca ai tavoli imbanditi,
per avvicinarsi, vittoriosa e fiera, al proprio tavolo, dove in genere ha lasciato
la prole affamata e piangente e il compagno paralizzato dalla confusione. Nel farlo,
non dimentica di ondeggiare i fianchi, per suscitare nei maschi, tutti tranne il proprio ,ammirazione
per il suo didietro, e nelle altre femmine, magari meno dotate fisicamente o
ancora troppo legati ai propri principi morali (leggi: sfigate) invidia e rosicamenti.
Terminata la cena, tutti gli esemplari si recano, in branco piuttosto ordinato,
in ampli spazi aperti, dove gli ammaestratori li addestrano con musiche
assordanti e luci psichedeliche. Sono questi i momenti in cui eventuali – ma rari
per via delle peculiarità del maschio che tra poco vedremo - adescamenti
trovano conferma: nel buio della notte e nella confusione delle musiche e delle
luci, mani e bocche scivolano malamente in involontari (per carità) errori di
coppia.
Finito l’ammaestramento, finisce anche la confusione dell’accoppiamento
promiscuo, e le femmine rientrano alle proprie tane chi soddisfatta chi un po’
meno, ma mai nessuna a bocca asciutta (che tanto almeno il marito c’è).
In tutto questo manicomio, meno male che ci sono loro: gli esemplari
maschili, esempio di stoicità e stabilità con la loro semplice gaiezza
manifestata in espressioni da ebeti felici.
Essi si pongono normalmente in luoghi tattici del Villaggio,
facilmente riassumibili: la piscina, il bar, il ristorante.
La spiaggia la toccano durante le ore più calde, quando le proprie
femmine riposano e in giro ci sono solo gli esemplari più giovani e tonici.
Il maschio, esemplare esotico per eccellenza, non ha molte esigenze,
mai. Tanto per cominciare, il loro manto è sempre lo stesso. Se potessero lo
terrebbero da inizio vacanza sino al termine, se non fosse per la propria
femmina che li spinge malamente al ricambio, quantomeno per decenza.
Il maschio si presta, come abbiamo visto, ai giochi di coppia delle
altre femmine, sempre con occhio vigile per non farsi scoprire dalla propria, purchè
essi non richiedano troppo coinvolgimento mentale né troppo tempo: il tempo è
prezioso per lui e lo dedica principalmente al riposo. Ecco dunque, che nei
momenti di veglia al maschio viene richiesto di dedicarsi a due attività per
lui molto faticose: il reperimento del cibo, durante il quale dovrà
confrontarsi con femmine che abbiamo visto agguerritissime, e il corteggiamento
da provolone delle giovani animatrici, le quali, però, a differenza dei camerieri
consenzienti, non sono consenzienti per niente e gli daranno molto filo da
torcere. Infatti, in genere, quest’ultima sfida per il maschio si conclude sempre
in perdita. Per fortuna rimane la certezza della propria femmina, che volente o
nolente, sempre da lui deve tornare.
Buone vacanze.