Oggi ho ricevuto un biglietto in buca.
Un bigliettino. Cioè, voglio dire: fantascienza!
Chi riceve più posta scritta a mano? Io credo nessuno.
Di solito, quando apro la cassetta delle lettere, o la buca
delle lettere (chissà, poi, perché si chiami così! Bho! “Buca”? piuttosto
riduttivo, direi) ciò che mi aspetto di trovare sono, nell’ordine: bollette; bollettini
del condominio; pubblicità delle pompe funebri.
Sì, credo che Torino, se non ricordo male, abbia avuto il
primato per questo genere di pubblicità.
Si può immaginare con quanta trepidazione io possa
avvicinarmi a questo antro che definirei dell’orrore!
Quando, poi, mi va bene e non trovo nulla da pagare, né nessuna
pubblicità macabra, allora trovo avvisi di mancata consegna di qualche
raccomandata. Il lieto fine, tuttavia, resta zoppo, perché in genere si tratta
di multe.
Io ricordo che da bambina scrivevo lettere a mia nonna
Antonietta.
Mia nonna viveva in meridione, più precisamente in Basilicata,
ancora più precisamente in un paesino in provincia di Potenza, Montemilone.
Mia nonna profumava di paese. Mi voleva un gran bene e anche
io gliene volevo.
Mia mamma, che da mia nonna ha preso la dolcezza, mi diceva
di scriverle queste lettere in occasione del Natale. Io le facevo dei disegni e
poi ricordo nitidamente che mi mettevo il rossetto e stampavo un gran bacio
sopra di esse, al posto della firma.
Ero felice! Penso che lo fosse anche la mia nonna, ma non
gliel’ho mai chiesto. O magari me lo ha detto, ma io non lo ricordo, ora.
Ecco, secondo me, scrivere una lettera non è soltanto
mettere dell’inchiostro su un foglio.
Scrivere una lettera comincia proprio dal foglio.
Devi sceglierlo con cura, pensando al destinatario. Ricordo che,
sempre da bambina, nella cartoleria dove andavo a rifornirmi di cancelleria per
la scuola elementare, avevano un grande assortimento di carta da lettere: a
fiori, a tinta unita, profumata, con o senza i margini, con le righe, con i
quadretti… era arduo scegliere!
Una volta che hai scelto la carta, dovrai scegliere l’inchiostro.
Anche qui, puoi spaziare: nero o blu, per i messaggi formali:
e questa è facile!
Colorato per gli amicali, ma anche nel colore dovrai
scegliere oculatamente: rosa se vuoi essere delicato, verde se vuoi essere
leggero, arancio se vuoi essere simpatico, e via così. A libera interpretazione.
Infine, c’è la grafia.
Sulla grafia si potrebbe scrivere un tema, poiché ognuno ha
la propria, ed essa cela mille aspetti della psicologia di ognuno di noi. Io non
sono preparata, quindi finirei per scrivere ovvietà e banalità.
Certo è che, nell’atto di scrivere un messaggio a mano, mi
concentro di più, al fine di rendere il tratto più gradevole alla vista e fare
in modo che anche la grafia diventi parte della sceno-grafia e colpisca in
maniera favorevole l’occhio del destinatario, affascinandolo e attraendolo.
Ecco, dunque, che il fatto di trovarmi nella cassetta delle
lettere un reperto storico come un esemplare di biglietto scritto a mano, mi ha
catapultato indietro nel tempo.
Così è stato, in effetti, ma non nel modo che speravo.
La verità è che sapevo bene di cosa si trattasse, ma non
volevo pensarci.
Era già stato abbastanza doloroso e sapevo che anche quel
biglietto avrebbe risvegliato quel dolore.
Il dolore di una parte di vita che non c’è più. Tuttavia,
pur sapendolo, è stato comunque uno schiaffo.
Ho ritrovato la scrittura di una carissima Amica; una
scrittura che campeggiava tutti i giorni sul mio diario di ragazza; una
scrittura che conosco e alla quale voglio bene.
Questa volta, non scriveva di concerti o di gruppi musicali;
non scriveva di professori o di compagne.
Mi ringraziava per essere stata partecipe al suo grande
dolore.
Mi chiedo: perché?
Perché abbiamo sdoganato i messaggi virtuali per qualunque
tipologia di comunicazione, ma manteniamo quelli scritti per comunicare il
dolore?
Perché lasciamo solo ad esso il privilegio di restare nella
scrittura a mano?
Perché non riusciamo a mantenere questa buona abitudine di
trasferire il nostro affetto con una penna in mano, invece che affidarlo all’etere?
Riflettiamo: quanto ci resterebbe incollato di più addosso
il buon umore, se esso fosse scritto a penna?
Quanto, invece, viene amplificato il dolore?
Ma la risposta è una, chiara, precisa, sicura: il motivo è
il Rispetto.
Il rispetto della forma, che ancora esiste per poche e
selezionate occasioni.
E allora mi dico: per fortuna!
Per fortuna ancora si scrive a mano il dolore: almeno non
resta inutile, sprecato.
E, finisco, domandandomi: se con questo biglietto io ho
potuto sentire quasi sulla mia pelle il dolore della mia cara Amica; se la
scrittura ha, dunque, questo potere con il dolore, quanto ne avrebbe con la
felicità o l’amore?
Anch'io ho ricevuto questo biglietto , e anch'io mi sono commossa , perché io l'ho dovuto scrivere anni fa 😭
RispondiElimina