Chi sono

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Sono Daniela Spagnolo, Influencer di Gentilezza e Inclusività, Scrittrice di Donne, Blogger, Founder of @kindpowity_bydanielaspagnolo. Nel 2013 pubblico, in self publishing, "Fate Moderne", e nel 2016, sempre nella stessa forma, "La gente perbene e la ragazza del mercato". Nel 2018 esce "Il silenzio del Tempo", edito dalla casa editrice 96-rue-de-la-fontaine. Nel 2021 è la volta di "Dora", un noir dai tratti gotici, pubblicato con la LFA PUBLISHER, che si pone l’ambizioso obiettivo di essere il primo di una serie tutta ambientata nella medesima cittadina. Nel 2022 arriva "Piccolo Diario di una Cicatrice", ancora edizioni LFA PUBLISHER: un libro interattivo per provare a ripartire dalle proprie cicatrici. Vivo a Grugliasco alle porte di Torino (la mia città natale), e sono naturalmente spinta verso l’impegno sul territorio, che nel 2023 trova realizzazione nella costituzione del PRIMO GRUPPO DI LAVORO sulla DISABILITA’ – GRUGLIASCO, che ho fondato insieme ad una cara amica con la quale condivido esperienze di vita. Scopri di più su quello che faccio: linktr.ee/daniela.spagnolo_scrittrice

giovedì 19 settembre 2019

GLI ESAMI NON FINISCONO MAI

Gli esami non finiscono mai, scriveva Pirandello un secolo fa. Ma mai come ora questa affermazione è calzante, per questi tempi moderni che Chaplin si sognerebbe sotto forma di un incubo.
Tu nasci, cresci, poi vai a scuola. La scuola elementare che ho conosciuto io faceva fare gli esami in quinta. Poi passavi alle medie con esame finale in terza. Poi arrivavano le superiori, e anche lì esame in quinta. Se poi eri particolarmente dotato o semplicemente volenteroso (io sono la seconda) allora iniziavi il lungo e faticoso cammino dell'Università, che di esami ne aveva tanti quanti i pezzi di cioccolato della stracciatella (gusto che adoravo fino a prima che facessi questo paragone).
Ho fatto anche l'università, di esami ne avrò dati più di trenta, non tutti passati subito, ma va be'.
Io poi ho finito, non mi sono più cimentata in altri percorsi di studio, ho iniziato a lavorare seriamente (sono stata fortunata) e ho avuto dei figli.
"Bon, è fatta!" mi sono detta ad un certo punto "D'ora in avanti la mia vita è tutta discesa! famiglia, lavoro: che vuoi che sia?" mi sono anche detta.
CHE-VUOI-CHE-SIA???
Ecco, vorrei dire agli studenti universitari: godetevi tutte le pagine, fin'anche le righe che vi danno da studiare, perchè finchè le avete siete salvi.
Da cosa? Dalle RESPONSABILITA'.
Sì, perchè poi, una volta che hai finito si essere studente entri nell'età adultà e come bonus d'ingresso ti viene dato un carnet infinito di responsabilità, che si auto-generano di continuo.
Come funziona questo carnet? Intanto è fatto di tanti coupon che coprono ogni ambito della tua vita. Quelli della sfera privata sono di colore rosa, gli altri invece sono blu.
Dunque, finchè non hai figli, i soli coupon che vorresti utilizzare sono quelli blu della carriera: sono quelli che ti fanno crescere e se te li giochi bene arrivi a tagliare qualche traguardo.
Poi arrivano LORO, i figli, e allora puoi dire addio ai sogni di gloria almeno per i primi tempi. Sulla durata di questi "primi tempi", bisognerebbe fare uno studio approfondito. So di gente che i primi tempi li vive da ternt'anni anni e altri che non li hanno mai più abbandonati, talmente si sono abituati.
I figli nascono con un carnet zeppo di coupon rosa che si sommano a quelli che hai già. 
Sono compresi nel prezzo, li ritiri al reparto nido quando esci dall'ospedale per andare a casa, dopo il parto.
Sono perlopiù da spendere a scuola, a proposito dei "primi tempi".
La scuola, quella dell'obbligo, dura otto anni tutti, undici se ti spari anche la materna. Normalmente te la fanno fare perchè sei ancora incosciente a tre anni e te la vendono come scuola dell'obbligo, ma tu tra le conoscenze non hai avvocati, hai solo i nonni, che si sono macchiati del medesimo reato di truffa già tanti anni prima, e non ammetteranno mai che la scuola materna è facoltativa quindi ti tocca andarci.
Da quel momento, la mamma che varca la soglia della scuola deve esser pronta ad ogni genere di domande, pure a trabocchetto, che quelle degli esami universitari erano bazzecole.
Le maestre se le preparano il giorno prima, hanno avuto il tempo per farlo. Ma tu, che ti sei alzata all'alba per poter avere cinque minuti di silenzio intorno per berti un santo caffè, hai ancora la mente intorpidita (perchè il silenzio del caffè è stato interrotto al secondo sorso).
Le maestre vogliono sapere tutto, e lo vogliono sapere alle otto di mattina: il bambino a casa che dice della scuola, gioca, qual è il suo gioco preferito, mangia, cosa mangia, usa le posate, guarda la TV, quante ore al giorno.
Ricordo che una volta avevo dovuto compilare un foglio per il nido che di domande di questo tipo ne aveva venti, e per ognuna avevi tre righe per rispondere. Io, che pure adoro scrivere, in quel momento avrei voluto strappare quel foglio e poi soffiare in faccia alle maestre tutti i pezzettini, perchè già alla seconda domanda non ne potevo più. La cosa più angosciante è che le risposte non potranno mai essere giuste o sbagliate, ma per la carica di angoscia intrinseca di questi interrogatori mascherati, qualunque cosa tu risponda ti risulterà sbagliata. 
Quei maledetti esami che non finiscono mai: eccoli che tornano.
Perchè per le maestre noi genitori non sappiamo fare niente. Ma al momento opportuno riescono a rovesciarci addosso la responsabilità di fargli imparare a casa quello che non imparano a scuola.
"Signora, lei lo deve seguire Pasqualino con i compiti"
"Ma...veramente io vorrei che imparasse da solo..."
"Ah no! non va bene!"
Mamma bocciata. Io ricordo che mia mamma non mi ha mai interrogato e mai nessuno l'ha colpevolizzata per questo. Si chiamano "Scelte".
Il pezzo forte è quello sul cellulare: "Signora, Lei non deve più dare il cellulare a Pasqualino! non va bene!". La mamma, piena di dubbi, allora si chiede: se Pasqualino  non usa il cellulare perchè neanche ce l'ha, chi è quest'altro Pasqualino che invece le ruba il telefonino e si fa pure tutti i cazzi suoi? Ma non c'è diritto di replica.
Nel cortile della scuola, al contempo, c'è tutto un parterre di illuminati che muore dalla voglia di impartire il proprio sapere, che neanche i testimoni di Geova al mercato del sabato. Normalmente i discorsi nel cortile vertono su due argomenti: le assenze delle maestre e il cibo.
Sul primo punto bisogna dire che sono tutti esperti in Gestione delle Risorse Umane, oltre che di programmi ministeriali. Ma allora, io mi chiedo, perchè non li assumete tutti al Miur?!
Sul secondo invece, si possono intavolare discussioni anche accese sulla coca cola e sugli OGM. Se poi tu sei un mamma "Baracchina" allora ti danno fuoco direttamente là nel cortile, come monito alle future generazioni di madri, che, povere illuse, vogliono tentare la via dell'autorefezione come forma di libertà e amore.
No, non esiste o tutti uguali o tutti uguali. 
Con questo genere di illuminati hai due possibilità: gli fai capire che certi toni non funzionano; stai zitta e pensi a quella volta in cui sei andata a ballare e ti sei ubriacata.
Esci da scuola e corri al catechismo. E là altro pippone direttamente dal prete: 
"Perchè voi genitori non potete demandare tutto alle catechiste, non ce la possono fare, il cammino è impegnativo". Evidentemente alla fine gli daranno la laurea in teologia.
"Voi invece state solo sul cellulare e non vedete l'ora di mollarci i figli per andare un'ora a fare la spesa ", interviene la catechista. 
E anche qui, mamma bocciata, anzi no scomunicata.
Bene, sono solo le sei, la cena  ancora lontana, e la povera mamma incapace e miscredente, ha la brillante idea di scrivere due cazzate su Facebook. Come si dice: mal comune, mezzo gaudio. 
Ma sì, scriviamo a tutti quanto è stata tragica la mia giornata pensa la poveretta (che a quel punto un po' sciocchina lo è, ma è pure ingenua). Entro l'ora di cena, la poveretta si sarà vista arrivare gli insulti delle casalinghe incazzate che le dicono che non è giusto che solo le mamme che lavorano si debbano lamentare, anche loro che stanno a casa si fanno un mazzo tanto; poi quelli delle mamme lavoratrici, che vedendo che ha scritto alle sei e mezza la ritengono una paracula perchè a quell'ora è "già" a casa a fare un cazzo; dei perbenisti benpensanti, che iniziano a fornire lezioni di vita su come si gestiscano i figli, i quali sono in giro da qualche parte a farsi una canna per dimenticare di come i padri li vogliano gestire; i troll che commentano con qualche definizione improbabile pescata su un dizionario; la nonna che mette un cuore e qualche amica che mette "mi piace".
La giornata finisce con la mente tutta concentrata sulle parole sentite durante il giorno e il cuore gonfio per le critiche gratuite che ti sono piovute addosso senza che tu le cercassi. 
Vai a dormire e ti sorge una domanda: "Ma davvero noi genitori del nuovo millennio non siamo in grado di fare niente? Ma quelli che ce lo stanno dicendo, invece, dove hanno imparato?"
Dopo qualche secondo di riflessione, sospiri un Vaffanculo e chiudi gli occhi.
Domani sarà un altro giorno, pieno di esami e di coupon rosa da staccare.








lunedì 9 settembre 2019

MAMMA SENZA TITOLO

L'altro giorno telefono a scuola dei miei figli e chiedo se mi passano il Preside, poichè ero in vena di rompere le scatole e volevo farlo con la massima autorità esistente nella zona.
Conoscendo i miei polli, e sapendo che in Italia, da che essa stessa esiste, i titoli sono più importanti di chi li porta, mi sono presentata come la "Dottoressa" Spagnolo. 
Da sempre, si sa, un "Dottore" davanti al nome aiuta: incute reverenza, timore, finanche panico.
Quanti risultati ho ottenuto premettendo un "Dottoressa" davanti al mio cognome, che altrimenti sarebbe stato solo un cognome nel mare dei cognomi. 
Intendiamoci, non si tratta di millantato credito: io Dottoressa lo sono davvero, eh! In una normalissima Scienze Politiche, però lo sono!
Il povero cristo che è capitato sulla strada della mia telefonata e che intercetta la bomba del titolo, rimane lì per lì spiazzato e si affretta a passare la linea al suo capo: che si sbrighi lui la questione di questa "Dottoressa" rompicoglioni. Ma  niente: il Preside è occupato. 
E qui si compie il miracolo del Titolo: il povero Cristo dall'altra parte del filo prende nota affinché il Preside, la somma autorità in quel feudo, mi richiami. 
Purtroppo il miracolo dura poco: il tizio, per eccesso di zelo, vuol farsi i fatti miei e scrive per filo e per segno per chi e per come. Ci può stare: è il suo lavoro. Solo che poi falla, cade come su una buccia di banana.
Alla richiesta di ripetere il mio nome, e alla mia ripetizione del titolo come rafforzativo, il povero diavolo mi chiarisce subito la situazione, giusto perchè non mi monti la testa:
"Sì, ma ora lei chiama come mamma, giusto?"
E fu così che ho scoperto che il mio titolo vale solo dalle 8 alle 17, ossia quando sono in ufficio, il resto del giorno e della notte sono "solo" una mamma, con il bene placido di mio padre che mi ha pagato gli studi e del tempo che ci ho perso dietro.
Mi rimane però una domanda: se a telefonare fosse stato un papà, magari Avvocato o Medico, anche lui avrebbe chiamato solo come papà? Mah...

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