"ASPETTATIVA
sostantivo
femminile
Attesa:
essere, stare in a.; la nostra a. non è stata delusa, a proposito di un fatto
vantaggioso a lungo desiderato, auspicato; quindi, previsione (per lo più
ottimistica)"
La fregatura è ben esplicitata in mezzo alle parentesi.
Normalmente accade, sicuramente anche a te che stai leggendo,
siete tantissimi non posso nominarvi tutti (sic!): vedi un tipo o una tipa, ti
piace, inizi a frequentarlo, te ne innamori e…zac, cominci inconsciamente a
idealizzarlo, secondo i tuoi canoni di perfezione, che possono variare da uno
all’altro, ma raramente prevedranno, che so, che il partner perfetto si scordi
un compleanno, o che risponda male quando gli girano. Quando non c’è di peggio,
ovviamente, ma quello è un discorso che merita un post a parte e io non so se
sarei in grado.
Ecco, le aspettative normalmente sono fatte di fette di prosciutto
che ti devi sistemare ben bene sugli occhi, e là restano, finchè non vanno a
male.
Ad un certo punto puzzano un pochino, ma tu non ci fai caso, te le togli
un attimo per sventolarle un po’ e fargli prendere aria, ma stai attento a tenere
bene bene gli occhi chiusi, e poi te le risistemi meglio. E continui ancora,
finchè, mefitiche e rinsecchite, le amabili fettine di prosciutto non si
staccano e cadono.
E allora lì son dolori. Vedi tutto per come è.
Vedi che
quello che fino a ieri era il tuo sogno realizzato, oggi è il più banale dei
progetti; vedi che colui che fino a ieri era il figlio migliore degli altri,
oggi non è che un caro ragazzino che vuol vivere anonimamente
la propria vita; vedi che quella che fino a ieri era una reggia, oggi non è
altro che una scatola in mezzo ad altre scatole; ti vedi e realizzi che quella
campionessa di traguardi raggiunti in realtà è ancora alla linea di partenza. E
potrei andare avanti all'infinito.
La verità è che le aspettative ti annebbiano la vista e ti avvelenano
gli altri sensi.
Ed ecco che mi spiego il perché di questo mio enorme senso
di disagio, quando leggo certe notizie.
Aiuti che non arrivano, sostegni alle famiglie che non si
capiscono, scuole chiuse fino a bho…
Non comprendo: e le aspettative, allora?
Mannaggia a noi, che ci siamo incantati, che abbiamo creduto
veramente che sarebbe cambiato qualcosa.
Perché a me è successo che le aspettative da inguaribile
romantica mi abbiano portata a pensare che
ai malati ci pensino gli Ospedali con la O maiuscola, agli alunni
ci pensino le Scuole con la S maiuscola, agli anziani ci pensino i Figli, e,
soprattutto, che ai cittadini ci pensa lo Stato, con la S maiuscola.
“Ma lo Stato siamo noi”. Certo! E siamo tanti. Ma comunque
qualcosa non ha funzionato.
Allora, se faccio un check, capisco che nel mio piccolo ho
fatto il mio dovere, come sicuramente tutti. Chi non lo fa costituisce la
percentuale fisiologica delle TdC (libera interpretazione).
Allora, benedettissime aspettative, mi spiegate cosa non ha funzionato
se tutti abbiamo fatto la nostra parte?
Dov’è che l’ingranaggio si è inceppato?
“In più punti”.
Infatti: gli Ospedali ci hanno provato, ma
sono stati lasciati soli nella tempesta; le Scuole hanno le catene e la
differenza la fanno, come sempre, ma in questo caso di più, le singole insegnanti
che hanno davvero voglia di metterci impegno, anche a scapito delle proprie
famiglie; gli anziani sono stati separati dai lori figli e dai loro nipoti, e
magari, ci auguriamo, si salveranno dal virus, ma dentro hanno scavata un
cicatrice che fa male e ne farà per sempre.
Infine, Lui, Noi, lo Stato, granitico nella sua immobilità.
Care Aspettative
maledette, qui ci siete andate giù pesante. È un balletto continuo, ma di
quelli che vorresti ballare, ma non conosci i passi, tipo quei balli di gruppo
che tirano fuori ai matrimoni. A questo punto, ridatemi le fette di prosciutto.
Perché quando leggo i numeri degli anziani morti da soli, DA
SOLI, nelle case di riposo, o delle famiglie che non riescono a mettere insieme
il pranzo con la cena, o delle code al banco dei pegni come se fossimo in un romanzo
di De Amicis, o di certi giornalisti che ancora dividono in due l’Italia,
allora avrei bisogno di un etto di prosciutto per occhio e anche per orecchio. Perché
certe cose non si possono né vedere né sentire.
Banalmente, è venuta fuori una grande verità: il paracadute
delle aspettative deluse è solo lei, la Famiglia, comunque essa sia. Le famiglie
stanno facendo da collante, o fisicamente o economicamente.
Le famiglie sono, oggi, l’unica aspettativa non tradita. Sono
il cerotto che si sta mettendo sulle ferite emotive, sono il rimedio ad una
scuola muta, sono la soluzione al lavoro che non fa entrare gli stipendi. Le Famiglie.
Ci sarà mai un riconoscimento? Questa volta non cedo alle aspettative
e già mi dico di no, perché mai c’è stato. Nel Paese cattolico per eccellenza, dove
la religione che predica l’amore e ritiene la famiglia una piccola Chiesa, è praticamente
la Religione di Stato, le famiglie sono l’ultima ruota del carro. E, ripeto,
non intendo identificare le famiglie con la “famiglia tradizionale”, bensì come
le persone deputate alla crescita di sé stessi e dei propri cari, punto.
E adesso che dobbiamo iniziare la Fase 2, tanto agognata
quanto temuta, alle famiglie non ci pensa nessuno. Perché, in fondo, non si
pensa proprio a nessun individuo, questo mi si sta chiaramente manifestando.
Un’analisi ancora più approfondita ci porterebbe ad
evidenziare CHI, nel microcosmo della Famiglia, le permetta di lavorare a pieno
ritmo senza perdere un colpo, ma credo che ci siamo arrivati già tutti.
Ora più che mai, quel CHI verrà chiamato a fare un ulteriore
sacrificio delle proprie aspettative, in questo caso lavorative.
La persona
ritorna ad essere un numero che fa funzionare gli ingranaggi della
produttività, in barba ai propri interessi, e alle proprie aspirazioni.
C’è da tirare su in piedi un Paese e lo Stato ci sta dicendo
chiaramente “Lo Stato siete Voi”, lavandosene le mani.
Ci si fiderà ancora delle strutture di accoglienza per gli
anziani, ci si fiderà ancora del metodo di insegnamento, dopo che abbiamo sperimentato
in prima persona anche la cura culturale dei nostri figli, ci si fiderà ancora,
insomma, delle realtà istituzionali? Questa domanda me la pongo ora e vorrei
che mi rimanesse impressa, per non ricadere nella rete delle ingannevoli Aspettative.