Chi sono

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Sono Daniela Spagnolo, Influencer di Gentilezza e Inclusività, Scrittrice di Donne, Blogger, Founder of @kindpowity_bydanielaspagnolo. Nel 2013 pubblico, in self publishing, "Fate Moderne", e nel 2016, sempre nella stessa forma, "La gente perbene e la ragazza del mercato". Nel 2018 esce "Il silenzio del Tempo", edito dalla casa editrice 96-rue-de-la-fontaine. Nel 2021 è la volta di "Dora", un noir dai tratti gotici, pubblicato con la LFA PUBLISHER, che si pone l’ambizioso obiettivo di essere il primo di una serie tutta ambientata nella medesima cittadina. Nel 2022 arriva "Piccolo Diario di una Cicatrice", ancora edizioni LFA PUBLISHER: un libro interattivo per provare a ripartire dalle proprie cicatrici. Vivo a Grugliasco alle porte di Torino (la mia città natale), e sono naturalmente spinta verso l’impegno sul territorio, che nel 2023 trova realizzazione nella costituzione del PRIMO GRUPPO DI LAVORO sulla DISABILITA’ – GRUGLIASCO, che ho fondato insieme ad una cara amica con la quale condivido esperienze di vita. Scopri di più su quello che faccio: linktr.ee/daniela.spagnolo_scrittrice

domenica 5 luglio 2020

Mamme-Cenerentola

“E’ mio figlio, scusate”.

La vicenda della giornalista in diretta televisiva, che trasmette in collegamento da casa propria, e che viene interrotta dal figlioletto che le chiede se può avere due biscotti, ha fatto il giro del mondo.

L’ho letta anche io, su fb, non ricordo chi l’avesse condivisa, e subito mi ha fatto sorridere di tenerezza. Dopodichè ho continuato a scorrere le news senza stare a badarci troppo.

Mi è capitato, però, che la notizia mi tornasse in mente qualche ora dopo, senza un vero motivo per farlo.

In effetti, mi capita spesso che io legga qualcosa, subito mi procuri un certo effetto, e che poi quel qualcosa si sedimenti nel cervello per riproporsi più tardi, a distanza anche di giorni a volte.

Ci ho fatto caso, e questo mi capita sempre con quel genere di fatti che possono contenere tracce di elementi che il mio sentire, più che il mio cervello, fa fatica a digerire.

Sarebbe utile, forse, che in capo agli articoli si scrivesse “può contenere tracce di cattiveria, ignoranza, misoginia, razzismo…” così uno può decidere se leggere o meno, senza poi stare male dopo.

Invece ecco, a me è capitato come se avessi esagerato con i peperoni con la bagna caoda: il pezzo del bambino che chiede un paio di biscotti mi si è riproposto.

Mi è tornato su, perché non mi suonava qualcosa e non riuscivo a capire che cosa!

Allora ho riepilogato:

1)     1.  La mamma sta lavorando, chiusa in una stanza. Poveretta.

L’ho fatto anche io: per cercare un po’ di tranquillità, è anche capitato che mi chiudessi in bagno. Scelta pessima, perché ho scoperto che non appena entro in bagno io, a qualcuno scappa di fare qualcosa.

2)      2Il figlio della mamma di cui sopra entra indisturbato e senza farsi alcun problema, cercando la mamma per chiederle di fare uno spuntino.

Durante una video chat di lavoro piuttosto importante, che ho dovuto sostenere di recente, mio figlio più piccolo è arrivato urlante dalla cameretta dove l’avevo pregato di stare, in compagnia dei fratelli, perché voleva un bicchiere d’acqua. Necessità primaria e improcrastinabile.

3)     3  La mamma auto-confinata si scusa con il collega, spiegando che si tratta di suo figlio. E l’ha fatto per ben 3 volte! Addirittura dice che “E’ imbarazzante”.

4)     4.  Il collega in studio chiude frettolosamente il collegamento.

Ecco: il punto 3 non mi piace, proprio per niente.

In effetti, a mente lucida e razionale, mi chiedo di che cosa si dovesse scusare quella poveretta. Di avere un figlio? Di averlo biondo e non castano, magari? Forse si doveva scusare che il figlio le chiedesse solo due biscotti invece di tutto il pacco, come avrebbero fatto i miei; o magari dovrebbe scusarsi del fatto che il bimbo sia troppo educato per chiederglieli, i biscotti, invece di prenderseli e basta.

E poi, cosa dire del brusco cambio di inquadratura, dell’improvviso ritorno della ripresa dello studio e dell’impossibilità, per la giornalista, di chiudere il proprio intervento?

Per non parlare della sufficienza con cui il collega in studio chiude il servizio?

Guarda un po’, si tratta di un uomo…

Non giudico questa mamma-giornalista. Non lo faccio, perché penso che anche io mi sarei comportata come lei. Però non condivido la definizione di “Imbarazzante” legata all’accaduto. In effetti, sarebbe stato imbarazzante che le scappasse una puzzetta in diretta, oppure che facesse un rutto al microfono.

Ma mio figlio non lo definirei mai imbarazzante solo perché mi ha chiesto un biscotto.

E allora da qui mi partono un po’ di domande:  Con chi sarebbe dovuto stare il bambino, mentre la madre aveva questo impegno decisamente totalizzante?

Forse con il marito? Che però, poveretto, mica può sapere dove stiano i biscotti, e perciò deve aver detto, ingenuamente, al figlio “Chiedi a mamma” e lui ha eseguito. D’altra parte, un uomo non può fare tutto da solo!

Forse con qualche nonno? Che non è stato in grado di tenere testa a due occhioni dolci che gli hanno comunicato il bisogno primario di nutrirsi e dunque, poiché neanche il nonno o la nonna in questione sanno dove stiano i biscotti, è partito alla ricerca degli stessi, perdendo di vista il bambino affamato.

Forse con la TV? Forse il bambino era stato temporaneamente parcheggiato davanti alla tele e, dunque, nessuno è riuscito a frenare il suo istinto giornalisticida.

Personalmente, penso che con chiunque o qualunque cosa fosse, sentisse la mancanza della mamma e la volesse reclamare tutta per sé, proprio con la scusa di un paio di inutili biscotti.

E poi, che genere di pressione può avere subìto lei, e tutte noi con lei, in passato, a livello lavorativo ma anche di cultura famigliare, per considerare che un figlio non possa penetrare la sfera lavorativa, senza considerarlo fonte di imbarazzo?

Le nostre reazioni improvvise, ossia quelle che non vengono dettate da riflessioni accurate e nate da un periodo di comoda analisi, rispecchiano quello che è il nostro vero pensiero, perché non ci danno il tempo di rivestire il nostro agire delle maschere che ci siamo costruiti per piacere agli altri o per passare per accettabili in società.

Così, se mi trovassi in una situazione di pericolo, non saprei, sinceramente, se sarei in grado di mantenere la calma, che ostento sempre quando sono in pubblico: anzi, penso che mi metterei a correre il più in fretta possibile, magari urlando e facendo le puzzette!

Dunque, la concezione della madre come entità che esiste solo al di fuori del posto di lavoro, come essere che pensa alle sole vicende casalinghe (catalogate come “doveri”, altro tema sul quale bisognerebbe soffermarsi), e che si dissolve magicamente una volta che ci dedichiamo alle nostre attività per le quali veniamo pagati, è il punto di vista largamente condiviso, che però porta a quelli che sono gli scompensi e le difficoltà delle madri stesse.

I luoghi comuni che infettano i posti di lavoro, siano essi privati o pubblici, impiegatizi o operai, ne sono la dimostrazione: “Tanto quella ha i figli, figurati che gliene frega del lavoro”, “Tizia esce sempre alle cinque, perché deve andare a prendersi il bambino, mica ha voglia di fermarsi”, “Una volta che avrai i figli, cambieranno le tue priorità” e via dicendo.

E, purtroppo, questo germe della critica fine a sé stessa, molto spesso è presente nelle stesse donne, che riescono in questo modo ad innescare un programma autolesionista a lungo termine. E al diavolo la solidarietà femminile, quella davvero un’entità estratta che difficilmente si manifesta.

In questa vicenda, invece, abbiamo a chiusura l’importante intervento del maschio-alfa, che ricorda a tutto il pubblico che ci sono dei doveri domestici cui assolvere e che l’entrata in scena del marmocchio ha rotto l’incanto della diretta, facendo tornare la mamma-giornalista solo mamma-cenerentola.

Purtroppo, per le mamme-cenerentola il Principe Azzurro non esiste, perché per la nostra società non sarebbe abbastanza macho e neanche fate madrine, perché in realtà le donne sono spesso stronze.

Restano due grandi interrogativi: il pupo, li ha poi avuti i suoi biscotti?

E poi: se al posto di una mamma, ci fosse stato un papà, come si sarebbero svolti i fatti?

Tento di rispondere a quest’ultima domanda: in aiuto del “povero” papà-giornalista, indebitamente interrotto dal figlio incosciente, sarebbe arrivata certamente una donna, magari la mamma, magari una tata (più facilmente la tata, perché alla mamma non sarebbe sfuggito);  il giornalista da casa e quello in studio si sarebbero fatti una gran risata e il servizio si sarebbe concluso regolarmente, com’è giusto che sia.

 

 

 

 

 

 

 

 


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