Qualche giorno fa mi hanno mandato un messaggino che sponsorizzava la vendita di panettoni in favore di un’associazione no profit.
Appena ricevuto, ho subito pensato che si trattasse del
solito messaggio, di quelli che popolano whatsapp e Facebook nei giorni prima
di Natale, e se non fossi stata così golosa, non l’avrei letto tutto se non si
fosse trattato di panettoni!
Invece, per fortuna i miei neuroni si sono attivati, proprio
grazie al desiderio continuo di zuccheri saturi, e così ho letto il messaggino fino
alla fine.
Ed ho così scoperto che non si trattava di uno dei soliti
messaggini…o meglio, sì, lo era, ma io conoscevo le persone che c’erano dietro
e, soprattutto, conoscevo il soggetto attorno al quale tutti gli ingranaggi, panettoni
compresi, giravano!
Si tratta, infatti, di un bimbo che ho visto al parchetto
sotto casa, uno dei primi giorni dopo il nostro trasferimento qui a Grugliasco.
Non so se lui si ricordi di aver giocato anche con mio figlio Umberto.
Insomma, ovviamente ho acquistato il panettone…e non l’ho
fatto solamente perché si tratta di un mega dolce di pasticceria al cioccolato…no…non
sono solo ciccia e brufoli!
L’ho fatto, perché dopo aver letto quel semplice messaggino,
mi sono andata a documentare.
E così ho scoperto, appunto, di conoscere il bimbo, che si
chiama Simone; e poi, ho scoperto la sua storia, che poi è quella della sua
famiglia.
Mi sono chiesta se il mio gesto fosse stato generato da un
sentimento di pietà.
Inevitabilmente, la pietà è sempre dietro l’angolo, soprattutto
quando si tratta di bambini.
Posso dire con certezza, che NO, non sono stata mossa da
pietà, poichè io ODIO la pietà.
La pietà è un sentimento che mette inevitabilmente su due
piani diversi chi la prova e chi la riceve.
E il guaio è, che è anche subdola, e capita, a volte, che
chi la manifesta nemmeno si accorga di farlo.
Anche io l’ho subita, purtroppo: uno dei miei figli ha un ritardo
mentale.
Se ci ripenso, a quegli episodi, ora ci rido sopra, ma fino
a qualche tempo fa, avrei preso tutti a sberle.
No, quello che mi ha suscitato la storia di Simone è AMMIRAZIONE:
per lui, perché ha una tenacia pregevole; e per i suoi genitori, che si sono
attivati in modo costruttivo per lui.
Come dicevo, la storia di ogni bimbo, è inevitabilmente anche
la storia dei suoi genitori.
E questi genitori, ne hanno di cose da raccontare e anche di
coraggio da vendere. Gli faccio i miei complimenti, sentiti e sinceri, ma non voglio
prendermi il pregio di raccontare io, al posto loro, quella storia: è giusto
che la leggiate voi stessi, dalle loro parole.
Cercate su fb “Simone Il Leone: storia di un bambino speciale”.
Spero tanto, caro Simone, che questo post, nel suo piccolo,
possa essere d’aiuto a far conoscere la tua storia.
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