Qualche giorno fa, uno dei miei figli torna a casa da scuola, dove ovviamente, dichiara di non aver fatto nulla per l’intera giornata.
Con mestizia, mi rassegno, anche io come sempre, all’ignoranza,
mitigata un pochino dall’ermetico registro elettronico.
Questa applicazione, dall’interfaccia per me familiare come il posizionamento degli anti-nebbia (che ancora non ho capito bene bene dove si trovino, di fatti se c’è nebbia io non esco in macchina), mi dona informazioni giornaliere tipo: “La rappresentazione dei numeri sulla retta orientata e l’insieme N”, dando per scontato che io sappia che cosa sia N, dove stia questa retta e anche dove sia diretta.
Che poi, se io fossi al posto della prof, scriverei in
stampatello sul registro elettronico: “CHE COSA INSEGNO NON SONO AFFARI VOSTRI! STUDIATE, PIUTTOSTO, E DATE IL BUON ESEMPIO AI VOSTRI FIGLI, CAPRE!”, ma purtroppo
c’è il patto di corresponsabilità e noi genitori pretendiamo di mettere il
becco ovunque, anche se non capiamo un cippa.
Ed è proprio quello che mi è capitato di fare quel “qualche
giorno fa” di cui dicevo in apertura, senza nemmeno rendermene conto!
Ossia, spontaneamente mi sono indignata per una serie di
informazioni che sono state date in classe agli studenti. Informazioni di un’attualità
cruenta, della quale in famiglia avevamo deciso di non parlare.
Per scelta, mio marito ed io non guardiamo telegiornali. Un po’
perché non crediamo nella loro indipendenza, un po’ perché Arancia Meccanica
risulterebbe meno pesante, e visto che l’ora di trasmissione coincide con la cena,
preferiamo evitare.
Dunque, il pargolo quella sera di qualche giorno fa, proprio
a cena, dopo aver millantato di non aver fatto niente a scuola per tutto il
giorno, ci racconta per filo e per segno quel fatto di cronaca nera delle ultime
settimane, davanti ai fratelli.
Sinceramente e di primo acchito, mi è spiaciuto che il fatto sia stato raccontato a dei ragazzi secondo me ancora piccoli e forse incapaci di interiorizzarlo senza farsi impressionare. Tuttavia, a mente fresca, mi sono domandata se fossi nella ragione.
Non è, forse, libertà di un insegnante, decidere di che cosa
parlare in classe? Non sta proprio in questo, il punto di forza della scuola? Altrimenti,
tanto varrebbe che ‘sti ragazzi ce li tenessimo a casa, al riparo da tutto e da
tutti.
In effetti, il problema non era la notizia divulgata, quanto
piuttosto il fatto accaduto: quello era il vero baratro dal quale, come mamma
chioccia, avrei voluto proteggerlo.
Piccola lezione per me: il mondo va avanti anche senza le
nostre regolette new age, tipo “niente telegiornali a cena”. Allora, forse
bisognerebbe più che proteggere, educare a non farsi scalfire.
Proteggendo all’infinito, non si rischia di non educare al
dolore, allo sconforto, alla paura, al pianto e di lasciare l’educando in balìa
dello sconforto? chiedo per un'amica.
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