Riflettevo sull’utilizzo del tempo.
Pensavo a come lo impiego.
Ho realizzato che, nel mio vivere
e impiegare il Mio-Tempo, c’è sempre un senso di Urgenza.
Si tratta di una Urgenza che si
diffonde dal petto e mi invade ogni tessuto, ogni respiro.
Si tratta di una condizione che mi
obbliga, quasi, a riempire ogni attimo di emozioni, visive e sensoriali.
E così, capita che, dietro al vessillo
di questa entità che si impossessa di me, io faccia cose e prenda decisioni. Così,
vivo esperienze che risultano amplificate dalla velocità con cui, spesso,
vengono vissute.
E poi, però…
E poi però mi chiedo: ho vissuto “bene”
quel Mio-Tempo?
Ho vissuto “abbastanza” quel Mio-Tempo?
Ho impiegato “costruttivamente” quel
Mio-Tempo?
Potevo “fare di più o meglio” in quel
Mio-Tempo?
Mi chiedo se l’urgenza mi permetta,
anche, di interiorizzare, e mentre me lo chiedo realizzo che, in effetti, non
sarei capace di fare altrimenti: non è una costrizione, la mia, è una naturale
propensione.
La mia testa non potrebbe concepire
nemmeno un minuto senza un impiego.
Sarebbe un “minuto sprecato”.
Ma allora, dove si trova lo spazio
temporale per la contemplazione?
Dove trova posto la noia?
Dove si colloca l’ispirazione che
nasce dal fermarsi?
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