Per ogni attimo di felicità, anche solo immaginata o
sperata, c’è un secolo di dure prove da affrontare.
Mi capita sempre, dopo che mi sono immaginata di trascorrere
un bel pomeriggio con i bambini.
In pratica, la sequenza è: 1) sono al lavoro e non aspetto altro di andare a prendere i bambini e spendere del tempo con
loro; 2) dopo l'ufficio, mi scapicollo a scuola, e arrivo con il mal di testa, ma tengo duro perché
voglio ancora spendere del tempo con i bambini; 3) i bambini escono e le
maestre, puntuali, mi fanno il resoconto di una giornata che ha visto i miei
figli nei panni uno di Hannibal Lecter alla scuola dell’infanzia, e un altro,
invece, di Amsterdam in Gangs of New York.
Uno solo si salva, a meno che le sue maestre non siano,
piuttosto, donne d’onore che si tengono le parole ermeticamente chiuse in bocca
sino agli irrimediabili colloqui, dai quali non c’è scampo.
A questo punto, di solito, vorrei essere ancora in ufficio e, soprattutto, single e senza figli.
A questo punto, di solito, vorrei essere ancora in ufficio e, soprattutto, single e senza figli.
Tutto il mio entusiasmo è, ormai, svanito, e l’unica
cosa che vorrei spendere sono dei soldi per un tranquillante.
Però ci hanno fatte con la memoria corta, e domani è un
altro giorno.
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