Venerdì mattina in metro incontro Ester.
Fuori piove che la metà basta e fa freddo. In metro siamo tutti schiacciati con gli ombrelli gocciolanti pressati contro le gambe, le facce grigie e l'espressione di chi proprio non ha voglia.
Poi è arrivata Ester, in braccio alla sua mamma. Ester ha quattro giorni, e dorme appoggiata al petto della sua mamma.
Quando le vediamo arrivare si fa a gara a chi le offre per primo il posto: se ne liberano tre simultaneamente.
Non riesco a resistere e appena riesco a intercettare lo sguardo della mamma, le chiedo subito il nome e il tempo della creaturina.
"Ester è un bellissimo nome!" le dico. Il volto della mamma si illumina, e mi spiega che l'hanno deciso nel momento stesso in cui è nata.
Ci mettiamo a chiacchierare, insieme ad altre due mamme sedute con noi.
Il papà resta sempre in piedi, vicino, vigile, ma sorridente.
La mamma è un po' preoccupata per l'allattamento al seno che non è partito benissimo, e noi tutte a confortarla e a dire che certamente si metterà in quadro. E poi si parla della fascia per portare i bimbi in braccio, il passeggino con l'ovetto, che è scomodo, i vestitini, che a volte sono troppo piccoli e costano cari...
Arrivo alla mia fermata, saluto e faccio gli auguri ai genitori.
Scendo, e mentre scendo mi accorgo che la metro è più luminosa, dove è seduta Ester, brilla.
Ester è stato un fiorellino in mezzo al grigio asfalto.
Grazie Ester, tu non lo sai, ma hai migliorato la giornata a tutto il terzo vagone della metro delle 9.05.
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